Egle Palazzolo
Il titolo è un po’ arbitrario. “I Luoghi della mente” infatti lascia che si intenda tanto e di più, rispetto a quanto vien fuori dal testo, considerando spazi, trappole, labirinti e persino pretesti di liberazione o di conquista che il nostro personale centralino guida, la mente e quanto le si lega, possono sollecitarci.
The Headlands titolo inglese del drammaturgo sino-americano Christopher Chen, insignito abbastanza recentemente del premio dell’Obie Award, è in scena al teatro Biondo di Palermo, pièce teatrale venuta fuori dalla accattivante visione scenica di Lulu Helbaek e Simone Ferrari, e dalla formattazione di svariati tasselli tra narrazione e ricordo resi con alcuni elementi chiave che, seppure ormai rituali, offrono apprezzabili risvolti di regia.
Quale che sia la però la molla attraverso la quale l’autore voglia condurre un “esame psicologico e sociale”, non sempre, il suo scatto raggiunge un pubblico che per una buona parte iniziale resta assorbito dal monologo del giovane attore protagonista, che sembra leggere o narrare con perizia, buona parte di una storia che si attende prenda corpo. Lui è figlio di un padre morto in frangenti ancora irrisolti e di una madre che morirà anch’essa senza metterlo a parte di vicende familiari rese inevitabili da mancanza di buon senso e coraggio. I due genitori che, nei loro primi incontri amorosi avevano dato vita a un primo figlio, sono costretti, per volere del padre di lei ad allontanarlo a loro appena nato e a non occuparsene più. E malgrado riescano a sposarsi dopo qualche anno, mai si accorderanno per rimedieranno al loro penoso gesto. Tanti indizi segnalano al secondo figlio, piccoli misteri ed egli, che come ha confidato in apertura, sogna di fare l’investigatore, indaga accanitamente. A poco a poco si ricompongono i pezzi di una vicenda banale e un po’ consunta tra insulse cattiverie, materne frustrazioni e il noir annunziato anche nel suo svelarsi, risulta debole e patetico.
Non annoia lo spettacolo ma, forse teatro può dirsi solo a tratti. Un certo ingorgo di piani di recitazione e di usi di una composizione scenica tuttavia piuttosto promettente smontano la emozione che il testo probabilmente si propone. Attenzione e applausi non sono mancati. Anche per quel che il cartellone inserisce nel suo orientamento.
Un elogio ancora alla regia e all’impegno degli attori.
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