Luisa Stella
Un singolare e graffiante dialogo teatrale, in cui una donna ribalta le idee consuete sul culto di Priapo
PERSONAGGI: una donna d’età indefinibile / un uomo sulla cinquantina
In un’isola del Mediterraneo. Scena: due sedie. Luce giallo-rossastra di un caldo pomeriggio.
L’uomo e la donna sono seduti, leggermente di sbieco, in modo da potersi guardare. Lei indossa un vestito di tela grezza, stretto in vita da una corda; lui pantaloni larghi e un’ampia camicia.
DONNA (guardando nel suo orologio da polso) Credo sia meglio finirla qui, c’è il rischio ch’io mi dilunghi. Per due motivi almeno: uno, perché non avendo mai parlato a nessuno del mio attaccamento a Priapo, e in genere parlando poco d’ogni cosa, non faccio che ingarbugliarmi e poi rettificare; due, perché la certezza che io e lei non ci incontreremo più m’incoraggia ad andare avanti senza pudicizia… (Pausa). Si sventaglia il proprio cuore con tale leggerezza, davanti alla faccia di qualcuno che non si rivedrà mai più! Chiudiamola qui, sennò lei perde pure il prossimo aereo… l’ultimo, se non sbaglio, ha detto, che può portarla a Roma in tempo utile per quella coincidenza. (Breve pausa). Sydney, ha detto? (L’uomo annuisce). Uh, l’altro capo del mondo!
UOMO Abbiamo ancora qualche minuto. Non s’interrompa di continuo, per favore. (Breve pausa). Dunque, mi stava dicendo…
DONNA (come ghermita da un sospetto) Ma perché la cosa la incuriosisce tanto?
UOMO Interesse, più che curiosità. (Pausa). Dunque, diceva che da molti anni, atterrata, strusciava la faccia contro la sabbia della storia e del dolore, e che di sabbia aveva la bocca sempre piena…
DONNA Storia e dolore oramai essiccati… sgretolati… (Breve pausa). Storia senza più storia… dolore senza destino altro che la sua immutabile durata. (Come in un soprassalto) Conosce l’inutilità di una sofferenza senza fine? d’un’infinita sofferenza che niente risolve e niente ricompone?
UOMO Non capisco cosa intende.
DONNA Non capisce… quindi non la conosce. (Breve pausa). Se non capisce lei ha sofferto poco.
UOMO Lo credo anch’io.
DONNA Così, non sa nemmeno cos’è la nausea da dolore.
UOMO Non lo so, in effetti.
DONNA (quasi annoiata) E, com’è ovvio, non immagina neanche in quale solitudine confina lo spreco di dolore… (guarda l’orologio) Ma lei che ora fa?
UOMO Le sei.
DONNA Il mio va indietro. (Aggiustando l’ora) Si metta in marcia. Deve riattraversare la sconfinata distesa di sterpaglie. Guardi che non c’è altra strada per tornare in aeroporto. O si crede a Sydney?
UOMO Sconfinata! (Sorride) Be’, non esageriamo.
DONNA Certo, per lei che da vent’anni… vent’anni, ha detto? (L’uomo annuisce). Per lei che da vent’anni vive in Australia…
UOMO (trasognato) E già… quest’isola mi pare un fazzoletto flottante sopra l’acqua. Struggente per davvero.
DONNA Non si strugga. Un dio s’è soffiato il naso e ha donato al mare il suo sacro moccio. Però, se fossi in lei, io mi affretterei. Ha visto quant’è faticoso… è arrivato qua morto di sete. (Pausa). Che idea balorda, se lo lasci dire, lasciare l’aeroporto e buttarsi a capofitto dentro la sterpaglia.
UOMO Io sono contento d’ogni cosa… d’avere perso quell’aereo… d’essermi infilato dentro i campi… d’avere bussato alla sua porta per implorare un bicchiere d’acqua… Proprio contento. Sarà stata la mia sete di classicità a portarmi fino a qui.
DONNA (bofonchiando) Può rovistare quanto le pare… qui di classicità, come lei la intende, non ce n’è traccia.
UOMO Che ha detto? Non ho sentito.
DONNA Niente. Non importa.
UOMO Certo, se non avessi visto quel disgraziato Priapo cavato da un pezzo di legno di fico e ficcato là… (indica un luogo imprecisato alle sue spalle) … nel suo orto, forse non avrei bussato e sarei tornato indietro. Ma quello, seppure repellente, è stato incoraggiante… deve aver capito che non ero male intenzionato. (Pausa). Torniamo a lui? Anzi, a lei e al suo bizzarro culto?
DONNA Se insiste… (Lunga pausa. Socchiude gli occhi, tentando di ripigliare il filo del discorso) Io, imparavo a conoscere la solitudine che dà lo spreco di dolore. Una solitudine rabbiosa, e dura, e secca… mi trapassava come un pugnale. Male che s’aggiungeva al male. E masticavo sabbia, e sputavo sabbia, e sempre di sabbia la bocca si riempiva. Urlavo un urlo che sentivo solo io. Perché soffocato dalla sabbia? No, perché ero sola, appunto. Se qualcosa volevo ancora, era un essere pietoso che accogliesse l’urlo e al quale poter volere bene… Che s’ammollasse almeno quel pugnale.
UOMO Pare che Dio, se lo si trova, in certi casi aiuti.
DONNA Se lo si trova, appunto. Per me l’Altissimo era irraggiungibile, terrifica e infinita la distanza che ci separava. (Pausa). A volte questo è l’effetto del dolore senza posa… ci appiattisce e schiaccia in terra. (Pausa). E dunque io, precipitata tanto in basso, strisciavo al suolo come un verme, impedita a qualunque trascendenza. (Sogghigna) A dirla tutta, manco ad altezza d’uomo io vedevo. (Pausa). Per sempre inetta ad un pensiero o a un sentimento alato. (Pausa). Nessuna trascendenza, dunque, e intorno il cimitero degli affetti. (Si ferma, fa un nodo alla corda che la stringe in vita).
UOMO E allora?
DONNA E allora lei perderà l’aereo.
UOMO Lei ha l’apprensione d’una che sta troppo sola.
DONNA Troppo sola, io? Non più.
UOMO Continui, dunque.
DONNA Un pomeriggio… un pomeriggio più o meno come questo… stesso infuocato cielo e stesso caldo… io, oramai sfinita, mi rigiravo indolente dentro il mio tormento… Sa che può esserci indolenza nel dolore?
UOMO No.
DONNA Ma lei che sa? Non è che laggiù, in quei territori vasti, la vostra umanità si sperde? (Breve pausa). Va be’, le domando scusa. (Breve pausa). Desidera ancora che continui? (Lui annuisce). Dunque… mi rigiravo indolente e indolentemente sfogliavo alcuni libri… di leggere sul serio avevo perso l’abitudine… da anni non una parola capace di parlarmi. Avevo preso un volume a caso dalla vecchia libreria… un dizionario di mitologia impolverato e tutto impataccato. Sfogliavo tanto per… non me ne importava. Lo sguardo scivolava e non vedeva niente. Però d’un tratto (la voce le si incrina) lessi… vidi… toccai poche parole… poche patetiche parole. (Si ferma, lo sguardo assente).
UOMO Quali parole?
DONNA “Priapo, l’ultimo degli dei”. (Breve pausa). Sì, queste. Neanche le sfiorai che mi raggiunsero cantando amabilmente. Provai una tenerezza acuta… un getto d’acqua dolce lambì la sabbia in cui mi rivoltolavo. L’ultimo degli dei mi tese la legnosa mano e io, ultima tra le donne, la baciai. Da allora non ci siamo più lasciati. Da allora, io non sono sola.
UOMO (tono riflessivo) “L’ultimo degli dei”… In effetti… ripudiato dalla madre per quant’era disgustoso… piccolo e torto… con lo smisurato membro sempre eretto… (si volta e indicando un punto a destra) d’altronde, l’abbiamo là, sotto i nostri occhi. Quel Priapo di terracotta lo tiene sempre su quel tavolino? (La donna annuisce). Non c’è che dire, è orripilante! Per forza, che Afrodite provò schifo di quel figlio e si girò dall’altra parte. E sì, proprio sfortunato. Certo, tra tanti dei, scegliere proprio Priapo…
DONNA Io non l’ho scelto, è lui che si è presentato.
UOMO Si è presentato… è lei che l’ha risuscitato.
DONNA Non escludo che l’inciampare di una come me in quelle parole tristi − e alla mia portata − l’abbia evocato. (Con tenerezza) Piccolo Priapo, deriso, bistrattato…
UOMO (tono riflessivo) Deriso, ma non solo. (Breve pausa). Eh… dio della fertilità… non mi pare poco!
DONNA Fertilità!? Dio di campi stenti. (Accalorata) Via, lei lo sa bene, nei suoi giardini non cresce quasi nulla… ortaggi rinsecchiti… magre vigne… Un dio inservibile, diciamolo.
UOMO Parlavo di fertilità in senso lato.
DONNA (facendo spallucce) Povero Priapo.
UOMO Il poveretto, però, col grosso membro… sarà un po’ sconcio da parte mia tirare in ballo un’altra volta quest’aspetto… col grosso membro minacciava.
DONNA Quel fallo non lo volle certo lui. Lei, esperto di quel mondo antico, sa bene che fu Era, gelosa e invidiosa d’Afrodite, a volerlo informe e con quel tragico malloppo, consegnandolo in eterno al dileggio più volgare, al simbolismo più crudele. Se poi con quello minacciava… erano predoni e ladri quelli che lui minacciava.
UOMO E la ninfa che provò a insidiare?
DONNA (distrattamente) Oh, fece male, male!
UOMO Mi pare che, del mito, lei minimizzi alcuni aspetti… edificanti o meno non importa. Comunque, in questo modo, gli fa torto. Non può prendere d’un dio quello che le piace scartando tutto il resto.
DONNA Macché scartare. A parte che, mi creda, con Priapo lo si può fare. Lui non si offende. (Pausa). Il membro! Gliel’assicuro, quello per lui è sempre stato fonte di tormento. (Accorata) Mai che gli si distenda! (Breve pausa). Ma lo capisce, lei, il disagio? E che supplizio! Altro che piacere! E poveretto!
UOMO Signora, si direbbe che stia parlando d’un parente, d’un parente stretto!
DONNA Un dio, se è piccolino, ci consente l’ingresso nel suo mondo. (Breve pausa). Pensi al suo aereo. Se lo perde né io né lei possiamo rimediare, e non s’illuda che possa intervenire Priapo. Ci sono imprese, e sono quasi tutte, che lui manco si sogna di potere compiere.
UOMO La prego, stia tranquilla. Qualche minuto ancora. (Breve pausa). Lo sa che Priapo era anche custode delle tombe?
DONNA A maggior ragione è un dio da amare. (Lo fissa con sospetto) Ma a cosa mira, lei? È da quando le ho offerto quel bicchiere d’acqua che un po’ lo innalza e un poco lo sprofonda nei più abietti imi. Vuole confondermi, vuole per caso farlo sparire dal mio raggio?
UOMO Per niente. Volevo giusto fare qualche precisazione. Ma, alla fin fine, penso che qui le traversie di Priapo non c’entrino per niente. È stata solo l’idea del divus minor a irretirla. Quelle parole… “l’ultimo degli dei”… sono state solo quelle a catturarla.
DONNA In quelle parole è racchiuso lui, il dio inutile e imperfetto. E lei non si provi a separarci.
UOMO Non ci penso affatto. (Pausa). E… posso domandarle quante raffigurazioni di Priapo contiene la sua casa?
DONNA Tre: quella nell’orto, e… (indicando alla sua destra)… quella su quel tavolino… e un Priapo di pezza che tengo sul comò.
UOMO (allibito) Di pezza!
DONNA Credo che lui apprezzi. (Brevissima pausa). Sono praticamente certa che lei perderà il suo aereo.
UOMO A quanto pare lei non vede l’ora ch’io sparisca. (La donna fa un gesto di significato incerto). Un’ultima domanda e me ne vado. In che consiste il culto?
DONNA Boh… io parlo a Priapo della mia piccolezza… e lui fa eco con la sua. E poi, provo a risarcirlo. Se i contadini a lui donavano fichi rinsecchiti, e i pescatori resti di reti rotte e gusci d’aragosta vuoti, io gli depongo ai piedi succose prugne e qualche pesciolino. E provo a risarcirlo pure dei volgari lazzi di cui è stato fatto oggetto a causa del suo fallo.
UOMO E come può?
DONNA Al fallo suo do funzioni altre… se lavoro all’orto ci aggancio la mia roncola e là (indica a destra) appendo spesso il mio cappello… a quello di pezza appendo la cintura.
UOMO (alquanto interdetto) Ah! (Alzandosi) Bene, adesso io vado. E stia tranquilla, prenderò quel volo.
Si alza anche la donna. Stanno per allontanarsi. L’uomo si ferma all’improvviso.
UOMO Però, se io dovessi interpretare…
DONNA (lo interrompe bruscamente) Interpretare che? Priapo? me? Se ne guardi bene. Vada, si spicci e salga sull’aereo.
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