Egle Palazzolo
Il libro? Il libro c’è. Con un protagonismo magari un po’ diverso, ma sempre a due passi da noi. Sul nostro comodino, sul tavolo vicino alle sigarette, sulla poltrona da dove ci siamo appena alzati. Siamo corsi alla sua presentazione, abbiamo fatto festa allo scrittore nostro amico o non ci siamo fatti sfuggire una firma che amiamo. Comunque il libro c’è, copertina accattivante, pagina che teniamo volentieri fra le dita, una dedica, una data. Francamente dopo anni di social, di pubblicazioni on line, di frontespizi luminosi, dopo aver tentato a letto di non farti scivolare il tablet dalle dita e non regolarti sulla pagina cui eri arrivato, ci abbiamo rifatto un pensierino, e l’occasione prima ci è venuta da un noto mercatino dell’usato dove, tra oggettistica di ogni tipo, almeno quattro scaffali erano colmi di libri, tanti e diversi, “Signora, ma ne vendete di libri? – Come no, tanti”, risponde la signora Maria Pia, attenta titolare del frequentato esercizio. Anzi se ne ha li porti. Sa, quanta gente mi chiede addirittura qualche titolo, mi segnala qualche esigenza. Risparmiano come è logico, parecchi soldini ma leggono. “Sono tutti vecchi signori? – Ma no, anche giovani, Durante il lock down poi in tanti si sono angosciati del loro rapporto di dipendenza dalla TV o dallo stesso smartphone buono per messaggi o letterine. Pure io di tanto in tanto mi sento attratta da un libro e lo sfoglio tra una pausa e l’altra.
Si vendono si cercano, vivono una loro vita ormai un po’ sgualcita ma non sono in una libreria. Ecco ma cosa è o tende a essere oggi una libreria? E il libraio oggi chi è?
Non è un‘analisi e neppure un sondaggio, ma perché no, parliamone con un paio di amici che possono considerarsi i librai nuovo corso o i custodi di una vecchia scuola.
Cominciamo con Piero Onorato che in questi ultimi anni, nei pressi della vecchia università, ha procurato a sé e agli altri “LA STANZA DI CARTA”.
“Ecco cos’ è il libro, un amico che ti aspetta. Faccio però un’altra riflessione:
Oggi il libro è svilito sia come contenuto che come contenitore; svilito nel contenuto perché oggi scrive chiunque, e molti farebbero bene a leggere tanto prima di avventurarsi a scrivere, inviando poi agli editori il manoscritto ed accettare anche il probabile rifiuto. Qui avviene una ribellione – Ma come, io novello Tomasi di Lampedusa con il mio bel romanzone non merito di essere pubblicato? – ed ecco che in soccorso viene uno dei tanti, tantissimi editori improvvisati che soddisfano le esigenze di questi ” scrittori “, basta che paghino. Ecco che il libro è svilito come contenitore, perché nessuno farà un lavoro di editing o si prenderà cura dell’oggetto libro, dalla scelta della carta, alla cucitura e a una copertina adeguata, insomma un lavoro di redazione e di grafica. A volte anche i grandi editori inciampano in queste falle.
Credo che tutto questo sia lo specchio dei tempi, è cambiato anche il contesto del libro, infatti ci sono meno librerie e più megastore dove il libro è un oggetto tra le tante merci in offerta col rischio molto alto di trovare i libri sciatti di cui parlavo prima.
È auspicabile, dunque, che ci siano nuove realtà dove al centro del progetto ci sia “il libro” a cui fare ruotare attorno altre attività culturali.”
Piero Onorato è un esempio di “libraio” particolare. Il suo rapporto con il libro e con l’impegno che mette per percorrere nuove strade senza nulla trascurare delle antiche, lo contraddistingue.
Ma poiché parliamo di libri possiamo dire giriamo pagina, e ci ritroviamo in un posto frequentatissimo. Si tratta di “Modus vivendi” nei pressi di via Libertà, vero epicentro per coinvolgimenti e iniziative di vario genere. Qui non si esita ad affermare che, anche a causa della pandemia, l’anno appena trascorso è andato meglio dei precedenti. E che ottima idea si era rivelata quella, durante il lockdown, di lasciare aperte, come auspicato dal ministro Franceschini, le librerie insieme a pochi altri esercizi, suggerendo implicitamente la essenzialità del luogo stesso.
Dice la titolare Marcella Licata. “Noi non abbiamo pause né stallo ma cerchiamo spazi e novità per avvicinare lettore e scrittore. Chi ci segue ricorda le nostre domeniche, gli incontri in terrazza da amici e da qualche tempo, con continuità l’impegno forse più grosso e significativo, quello del progetto “Modus vivendi va a scuola.” Una promozione alla lettura rivolta agli istituti superiori che ha l’obbiettivo di sviluppare il senso critico e il coinvolgimento di alunni-lettori e culmina nell’’incontro con l’autore.
La libreria fa nomi e proposte e con il supporto indispensabile dei docenti il libro trova certamente nuovi percorsi e significativi faccia faccia con scrittori e opinionisti. Il libraio non è certo un semplice rivenditore di libri o chi offre spazio tout court a una sua presentazione. È chi entra in rapporto con il libro, con l’autore, con il lettore. E sperimenta gli altri e sé stesso.”
E siamo all’incontro con Lia Vicari. Cercavamo un parere? Ci imbattiamo invece in un suo appassionato racconto.
“Sono diventata libraia per caso. Ero ancora tra i banchi di scuola e già cercavo lavoro. In famiglia infatti guadagnava solo mio padre e i figli eravamo quattro. Così quando un’amica mi disse che in una libreria del centro da poco aperta, la libreria Cavallotto di via Mazzini, cercavano una ragazza aiuto per la contabilità, mi presentai e fui assunta. La libreria era molto grande e piena di tanti libri di tutte le case editrici italiane più importanti. Io non ero una grande lettrice, a casa di libri ne giravano pochi, non perché non si ritenesse importante la lettura, ma perché non c’erano molte possibilità economiche.
Non mancavano però due dizionari, lo Zingarelli e il Melzi, i Promessi Sposi, e una enciclopedia per noi ragazzi. In quegli anni lontani ancora da Google o altri mezzi tecnologici le enciclopedie erano indispensabili.
In libreria la mattina aiutavo il ragioniere e nel pomeriggio mi dedicavo ad aprire pacchi di libri e metterli a posto per come credevo più opportuno. Oltre ad essere libreria, Cavallotto aveva all’interno anche il deposito della Ceda e quindi era frequentata da molti fattorini che venivano lì a prendere i libri per i loro negozi.
Un giorno uno di loro, un certo Leonardo che lavorava da Dario Flaccovio in via Campolo, mi disse che in quella libreria cercavano una ragazza. Io, attratta anche da un’offerta economica più allettante, mi recai al colloquio.
La libreria era in via Campolo, nella zona nuova della città. Mi feci accompagnare da mio padre – che, devo dire, mi sosteneva – e feci il colloquio con i signori Flaccovio, una giovane e bella coppia di librai intraprendenti che avevano già aperto due librerie a Palermo. Una in via Ausonia, zona ai tempi poco frequentata ai limiti della città, e questa in via Campolo, veramente una bella scommessa! Il colloquio andò bene e di lì poco iniziai a lavorare con grande entusiasmo e curiosità. Questa libreria era frequentata da una clientela molto vasta ed eterogenea, perché aveva un assortimento che andava dal libro scolastico, al libro tecnico, al romanzo, ai libri per ragazzi, ma anche per consultare la Gazzetta Ufficiale o Carte militari di ogni genere. I primi giorni furono difficili perché quando arrivavano le richieste dei clienti non sapevo dove mettere le mani, ma poi tutto ciò si rivelò uno stimolo positivo, ogni giorno apprendevo qualcosa e conoscevo persone nuove. Una cosa che è sempre per me un grande stimolo. La cosa importante era saper ascoltare e con grande semplicità e modestia non rispondere quando non conoscevo l’argomento, ma magari chiedere aiuto al libraio che ne sapeva più di me, e cercare di documentarmi successivamente. In seguito, quando sono diventata direttore di libreria dicevo sempre ai miei ragazzi che la nostra crescita passa giornalmente da quella personale a quella professionale ed è un arricchimento continuo che non finisce mai.
Mi accorsi già da subito che mi piaceva molto il rapporto con i clienti che frequentavano la libreria, dialogavo con loro, li consigliavo e da lì nacquero anche tante belle amicizie che durano tuttora. Da quell’inizio non sono mai più uscita dal mondo del libro con grande convinzione e felicità. Per raccontare quanti anni ho trascorso fra i libri e quanti scrittori ho conosciuto ci vorrebbero pagine e pagine… sarebbe veramente molto lungo.
Voglio invece dire cosa penso del libro oggi e di quali sono state alcune evoluzioni a cui ho assistito negli anni che mi videro direttamente coinvolta. Quando iniziai a lavorare in libreria c’erano poche collane di tascabili e molti più libri rilegati, quindi per certi versi meno accessibili soprattutto ai giovani.
Poi negli anni 80 cominciò il cambiamento verso libri più economici e quindi più alla portata di tutti, per arrivare nel 1989 alla collana delle “Mille Lire” della casa editrice Stampa Alternativa, seguita da Newton Compton con un’altra collana simile. Il primo titolo delle Mille Lire fu “Epicuro Lettera sulla felicità” e in seguito tantissimi classici. Quella fu veramente una rivoluzione per il mercato editoriale, non si parlava d’altro e molti editori furono costretti a rivedere la loro produzione e vennero fuori tante collane di tascabili, o quelli che le avevano già contenevano molto i prezzi di copertina. Negli anni 90 la presenza di collane di libri economici è già importante in libreria e il lettore non ha più scuse se non compra, se non sa che occorre essere lettori e abituare i figli sin da piccoli a una buona educazione al libro e alla lettura. Cosa voglio dire?
Occorre che in casa un bambino non cresca circondato da troppi giochi, alcuni complicati e non utili, e non anche da libri. Se i genitori, forse anche loro cresciuti senza libri delegano la scuola e gli insegnanti, sgravandosi da questa importante responsabilità, sicuramente non rendono un buon servizio ai loro figli.
Quando arrivai in Feltrinelli e cominciai a lavorare con le scuole, fine anni 80, mi resi conto che molti di loro non erano mai entrati in libreria ma magari conoscevano bene i centri commerciali che cominciavano ad aprirsi in città. Non solo non conoscevano le librerie ma in alcune case non entrava mai un quotidiano! Insistevo molto su questo punto, forse perché il mio ricordo da bambina quando papà portava a casa il Giornale di Sicilia o L’ora, è sempre rimasto per me molto nitido e importante. Come si può pensare di avvicinare i ragazzi alla lettura se nelle famiglie non si parla di libri e si ascolta solo tv, senza parlare dei giorni nostri dove siamo sommersi dai social e non si dialoga più.
Nel 2007, quando c’era il Kindle e si cominciava a parlare di e-book, tutti già ipotizzavano la scomparsa del libro cartaceo. Pura follia.
È chiaro che la novità colpisce sempre e molti professionisti o grandi lettori si buttano subito sull’acquisto di questi nuovi strumenti di lettura e consultazione, ma questo non vuole dire che in libreria non si vendono più libri.
“I libri sono la vita” diceva Inge Feltrinelli, donna eccezionale che ho avuto l’onore di conoscere e frequentare per anni, non si può fare a meno di essi e neanche del libraio, figura molto importante per il lettore. Figura da tener presente anche adesso quando ti sbrighi a comprare il libro on line.
Fare il libraio non è fare il bottegaio, la libreria è un luogo magico dove si vende quell’affascinante e complicato pane che sono le parole. Per fare il libraio ci vuole un animus davvero aperto e generoso, perché bisogna saper mettere a proprio agio i clienti, gli ospiti, gli amici. Tutto ciò non è semplice, non è qualcosa che si impara in uno stage o frequentando un corso aziendale. Non è facile avere la qualità che occorre, ma di esempi ne abbiamo. Io credo che in questo momento post pandemico, in cui tutti abbiamo vissuto isolati nelle nostre case o a debita distanza l’uno dall’altro, questo rapporto umano vada assolutamente recuperato, e soprattutto che il lettore torni a comprare i libri in libreria e non con un clic sui vari siti. Nonostante le difficoltà, io sono molto fiduciosa e ottimista sulla vita del libro e su tutto il lavoro che si sta facendo per la sua sopravvivenza, presenza di autori nelle scuole, fiere, manifestazioni culturali ovunque e vendita dei libri ovunque, E mi sento di affermare che cambiamenti, colpi di scena ricerca di novità, va tutto bene, ma il libro non morirà mai”.
Si è trattato proprio di un racconto difficile da interrompere perché semplice e diretto, appassionato come in fondo ci aspettiamo da Lia Vicari, una donna libraia per eccellenza nella nostra città, forse persino oggi che ha lasciato il grande spazio di Feltrinelli.
Vien da pensare che Stefan Zweig l’avrebbe forse collocata vicino a Mendel per la sua convinzione che la parola scritta, la cultura, per diffondersi, per progredire devono affidarsi a “quella cosa straordinaria e immortale che sono i libri”, per il suo esserne in qualche modo custode. Certo Mendel è un grande personaggio affascinante, che ci fa intendere come senza i libri non si supererebbe la caducità della vita o la banalità dei giorni. Ma qualche affinità con lui, probabilmente senza saperlo, molti per fortuna continuiamo a cercarla.
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