Beatrice Agnello
Concluse le Olimpiadi, tirando un respiro di sollievo perché nessun atto terroristico le ha funestate e per noi anche con la gioia della bella vittoria nella pallavolo femminile delle italiane di ogni colore – una squadra che è un manifesto a favore dello ius soli, del di più che chi è originario di altri luoghi del mondo ci porta, dell’inclusione – bisogna però registrare un’orribile e incomprensibile esclusione di chi nel mondo già soffre l’esclusione più radicale. L’atleta afghana Manizha Talash è stata squalificata per aver indossato, dopo la sua prestazione nella break dance, una sciarpa con la scritta “FREE AFGHAN WOMEN”.
La squalifica è scattata sulla base del regolamento che vieta agli atleti dichiarazioni politiche nel corso della manifestazione. Contraddittorio comportamento della burocrazia sportiva, giacché Manizha Talash (fuggita nel 2021 in Spagna) gareggiava nella Squadra dei Rifugiati, di cui ha fatto parte su invito del Comitato Olimpico Internazionale, rivoltole proprio per il suo impegno a lottare contre le regole dei talebani afghani che non consentono la pratica dello sport alle donne. E non consentono loro molto altro, fra cui l’istruzione superiore, il lavoro con uomini, la vista del cielo libero dalla griglia carceraria del burqa.
Si può considerare quella di Manizha Talash una dichiarazione politica, o non è piuttosto la rivendicazione di elementari, fondamentali diritti umani, che vengono prima di qualsiasi posizione politica, un disperato appello al mondo civile? E possono censurarla i giudici di una manifestazione nata sulla base dei valori di partecipazione, rispetto, uguaglianza?
Troppo confuso il nostro mondo, e di stridente incoerenza e ipocrisia il Comitato Olimpico Internazionale. Pensiamo che ha organizzato nel corso dei giochi il gala “Sports for Peace” per celebrare i valori sociali dello sport e onorare personalità sportive che si distinguono per il loro impegno in cause sociali, con ospiti d’onore i campioni olimpici Carl Lewis e Michael Phelps e la Squadra olimpica dei rifugiati; ma nello stesso tempo squalifica l’atleta afghana. Schizofrenia?
Mah! Forse soltanto il fatto che la sua semplice sciarpa libertaria non era glamour come Sharon Stone, che al gala faceva salti di gioia all’ingresso di Lewis e Phelps. Erano le star sul tappeto rosso del George V che facevano spettacolo, come del resto la trasgressiva inaugurazione. Già, perché, si sa, lo spettacolo è tutto, ci aiuta a distrarci dal disastro umano di ogni giorno.
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