Egle Palazzolo
Emma c’è. Come sempre, con la sua cifra inconfondibile e con la Palermo che le sta dentro, come lei stessa dice. La Palermo che riesce a riconoscere e a far vibrare fra dolore e pietà, fra rabbia e commozione attraverso i suoi fantastici personaggi che si accalcano con avveduta destrezza nel vivido mosaico che coinvolge per un’ora fitta, la platea intera. Con “Extra moenia” si propone non soltanto un fuori le mura della propria casa ma un fuori da quelle del proprio paese, per chi fra la folla, si incontra, convive, si parla, si scontra, si fa del male, si riaccosta, vive. Vive la propria battaglia, sopravvive ai propri patimenti, li racconta accalcandosi in una solitudine che non si colma, che resiste alla fugacità dell’abbraccio, del perdono, della speranza persino.
Il teatro evento si muove e si traduce nella “rappresentazione” di una realtà autentica resa col vigore dei colori, dei suoni – saranno colpi, rumore di salti, vecchie canzoni- dell’inesausto movimento dei corpi, che fanno, di un palcoscenico inizialmente buio e vuoto, senza mai sipario che divida in due la sala, una magia prodigio, un magma spettacolo.
Emma Dante non si sottrae mai nel raccontarci da dove prende spunto una sua nuova proposta teatrale e quali siano in esse innovazioni e particolarità. Come il saggio da cui Extra moenia si forma e perfeziona e gli attori, tre o almeno quattro di prima volta, ottimamente inseriti in nuovo contesto. Sa avviarci e seguirla in una riconoscibile sua istanza di pietà e di riscatto, nelle sanguinanti ferite che chiedono condivisione, nella incredibile aspirazione di “volare alto” assai toccante nella donna che ha appena subito la più umiliante delle violenze sul suo corpo.
Non cerca unicità, l’autrice, nel filo che lega il susseguirsi delle scene o la ridda dei suoi elementi di forza e di efficacia. Si compattano egualmente dandosi di gomito la ragazza ucraina che grida il suo dramma, la giovane universitaria iraniana che, a corpo quasi nudo , elenca il nefasto susseguirci delle tante conquise che stanno per venirci a mancare, il ragazzo congolese appena giunto in un diverso “fuori le mura” in cui spera di trovare maggiore spazio, la donna senza casa che le sue mura le cerca spasmodicamente, , il militare con il suo dictat fasullo , la scaltra comare che non manca di cuore, la fanciulla in velo bianco che rivendica indipendenza da un maschio confuso
Accende fari Emma Dante senza voluta sincronia fra pensiero e parola, ma, avvalendosi della straordinaria capacità che, a colpo e a stralcio, da un palcoscenico senza tempo, la visione del tempo nostro , attraverso pieghe che non raddrizziamo mai. Con quella sua creatività scenica che matura insieme a lei che conosce e sa di conoscere una città che ama. Un Palermo che delle sue moenia ha un senso particolare.
Questo spettacolo di Emma Dante è con Verdy Antsiou, Roberto Burgio, Italia Carroccio, Adriano Di Carlo, Angelica Di Pace, Silvia Giuffrè, Gabriele Greco, n Lavia, David Leone, Giuseppe Marino, Giuditta Perriera, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino. Le luci sono di Luigi Biondi, l’assistente ai movimenti Davide Celona, alla produzione Daniela Gusmano.
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