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Barbara G. Sorge

Ho incontrato per la prima volta Danilo Dolci attraverso il suo libro: “Comunicare legge della vita” * era in mezzo a tanti libri, nell’abitazione di Marta Cimino una delle promotrici e fondatrici di quello che è passato alla storia come il “Comitato dei lenzuoli”; oltre il titolo richiamò la mia attenzione la copertina disegnata da Munari, solo due colori che intersecandosi davano vita ad un terzo nuovo colore. Comunicare per Danilo Dolci, infatti, come suggerisce l’etimo della parola (cum munus), significa mettere in comune i doni, condividere le proprie riflessioni, ascoltarsi reciprocamente creando intrecci affinché si possa avere non solo una visione più complessa ma generativa di nuove idee, frutto di una reciproca fecondazione. 

Oltre “educarci nel comunicare” * è altrettanto importante per Dolci saper distinguere il trasmettere dal comunicare, per questa ragione negli ultimi venti anni della sua vita il suo impegno si concentra prevalentemente nell’educare alla comunicazione autentica e far sperimentare in centinaia di laboratori, sparsi in Italia e nel mondo, come tessere trame relazionali per “evolverci” *. 

Vivevo a Palermo da quasi dieci anni ma non sapevo nulla su Danilo Dolci: l’educatore, il poeta, il sociologo, l’attivista della nonviolenza che aveva dedicato la vita all’impegno politico e sociale volto a dare parola agli ultimi, in una continua ricerca di “leve” capaci di restituire autonomia e potere alle persone, condizioni necessarie per lo sviluppo di una vera comunità e per la realizzazione della democrazia.“…meditando attentamente possiamo accorgerci che lo sviluppo estremo del concetto di democrazia combacia quello di comunità, l’ambito ove matura il più intimo e complesso comunicare.*

Dopo aver letto il suo libro sentii l’esigenza di conoscerlo personalmente, avevo persino intenzione di chiedergli, in linea con il mio <vecchio> modo di intendere le modalità del comunicare, se volesse partecipare ad un convegno per parlare sul significato della parola “comunicazione”. 

Gli telefonai e con la sua consueta gentilezza mi diede un appuntamento. Tralascio la descrizione della mia emozione nell’incontrarlo, dopo una lunga conversazione, giunti alla conclusione di quell’incontro, la sua risposta alla mia richiesta fu un netto no, accompagnato dalla motivazione che parlare a una platea come quella di un convegno, era unicamente un atto trasmissivo e per nulla comunicativo e che a lui pertanto non interessava, tra l’altro aggiunse che recenti studi, avevano sottolineato come l’attenzione della maggior parte delle persone, in questa modalità trasmissiva, si perde dopo circa quindici minuti pertanto era persino inutile partecipare come relatore.

A quel punto, con mia grande sorpresa, mi chiese se invece io volessi partecipare a un suo laboratorio e se fossi stata disponibile a collaborare con lui.  Da quel giorno di trent’anni fa, iniziò un percorso durato tre anni, fino alla sua morte, fatto di frequenti incontri, di conversazioni che mi facevano conoscere le ricerche e i dibattiti che attraversavano un presente che era già futuro; non fu un maestro perché come mi disse: “io non ammaestro nessuno!” ma questa esperienza che definisco evolutiva, ha completamente cambiato la mia visione del mondo e di conseguenza della mia vita. 

La prima volta che applicai la Struttura Maieutica Reciproca, senza la presenza di Dolci, fu nel laboratorio di Regia del Documentario di Paolo Benvenuti nella Scuola Holden di Baricco a Torino. Ricordo che la prima sera lo chiamai per raccontargli come si era svolta la giornata. 

Quello che mi hanno lasciato quegli anni trascorsi lavorando accanto a Dolci non sono solo un insieme di ricordi a me cari, di preziose riflessioni, di esperienze al suo fianco nei laboratori, di testi studiati e discussi insieme a lui ma la consegna di uno “strumento” che oggi più che mai ritengo necessario non solo fare conoscere a chi ancora ignora la sua esistenza ma soprattutto continuare a fare sperimentare e utilizzare nelle scuole e in ogni luogo si voglia insieme, dare un contributo per risolvere problemi di natura collettiva, per delineare un percorso che sia veramente inclusivo, partecipativo e comunicativo, parlo della sua Struttura Maieutica Reciproca (SMR).

Ma che cosa è la SMR? Definirla è impossibile, quello che è possibile è descrivere alcune sue funzioni e dinamiche interne, fu lo stesso Danilo Dolci infatti ad annotare, sul foglio dove avevo scritto una breve presentazione della Struttura Maieutica Reciproca, questa frase: “La complessità delle dinamiche che intervengono e le molteplici funzioni che la Struttura maieutica reciproca assume rendono necessaria l’esperienza per la sua reale comprensione. Solo nell’esperienza ognuno può verificare e riflettere.”

La SMR traduce in termini esperienziali il concetto di complessità, coloro che vi partecipano, nella ricerca della soluzione di un problema o della conoscenza di un argomento, intessono una trama di relazioni (“com-plexus” vuol dire intrecciare, tessere insieme), telaio di questo intreccio   è la domanda maieutica formulata reciprocamente, mossa dall’interesse per la scoperta del diverso punto di vista. Questa correlazione degli elementi fra loro e con l’insieme in un “reciproco adattamento creativo” determinano la condizione per lo sviluppo originale sia degli elementi che dell’insieme, dove unità e molteplicità coesistendo danno vita ad una “Creatura di creature”. In questa dimensione dinamica, i percorsi per lo sviluppo di nuove idee o per apprendere una materia sono imprevedibili e irripetibili.

Ciascuno in questa armonia di suoni, per usare una metafora cara a Dolci (dato che in musica l’armonia è la composizione di suoni differenti tra loro), si sente realmente parte integrata e sostanziale dell’insieme, immerso in un “clima” che oggi, alla luce delle recenti ricerche delle neuroscienze sulla relazione tra emozioni positive e il processo di apprendimento, potremmo assimilarlo a quello della “warm cognition” della Prof.ssa Lucangeli.

“La relazione comunicativa è implicita alla struttura maieutica. Sempre il comunicare è attento all’altro. Ma il comunicare del rapporto maieutico è più attento al potenziale crescere evolutivo di ciascuno: vi è viva un’attenzione più profonda e più complessa.” * 

Questa è una delle ragioni per cui considero la SMR una potente alleata per i docenti, perché oltre a sostenere e a potenziare l’apprendimento, la creatività e il concepimento di nuove idee, coltiva senza percezioni di ansia, né rischio di fallimento, la curiosità epistemica (Berlyne 1960), facendo fiorire inoltre la quasi totalità delle competenze individuate dall’OMS, denominate Life Skills.

Altro elemento della SMR fondamentale e innovativo per i suoi tempi, è l’architettura in cerchio dei posti in modo che gli sguardi di ciascuno dei partecipanti possano naturalmente incontrarsi con gli altri e che il dialogo possa fluire reciprocamente senza barriere. Lo sguardo di ciascuno verso l’altro, oggi sappiamo grazie a una delle principali scoperte nel campo delle neuroscienze degli ultimi decenni fatta dallo scienziato italiano Rizzolatti, attiva i neuroni a specchio che ci pongono fisiologicamente in relazione con gli altri “riflettendo” le emozioni, favorendo dunque l’empatia. 

Le parole di Dolci qui appaiono profetiche:

“Occorre educarsi alla capacità di scoprire processi e correlazioni. Non accettare di essere frammenti. In ogni volto scoprire quanto altro si esprime. Scoprire, in ogni volto, quanto ci è specchio.”*

 L’epistemologo Ervin László così scrive in un editoriale della rivista “Pluriverso” (n.5,1996):

“Stiamo per ora cercando di fronteggiare le condizioni della emergente società del XXI secolo con le forme di comportamento … del XX secolo. …È insufficiente e, a causa della vulnerabilità delle nostre temporanee strutture sociali e ecologiche, perfino pericoloso […]. Ecco perché la maieutica strutturale oggi, …di Danilo Dolci, è essenziale. […]. Abbiamo bisogno di una percezione del mondo e di noi stessi integrata. Il mondo contemporaneo è maturo per un importante passo avanti nella sua coscienza collettiva. Il comunicare autentico, il processo strutturale maieutico, come la scienza e la cultura, sono fattori profondamente influenti nel raggiungere il prossimo stadio dell’evoluzione collettiva “.

 

Barbara G. Sorge è

Esperta di processi partecipativi e inclusivi

Attivatrice di SMR

 

*D. Dolci, 

Comunicare, legge della vita, Firenze, La Nuova Italia, 1997 

La struttura maieutica e l’evolverci, Firenze, La Nuova Italia, 1996 

pubblicati nella “Collana educatori antichi e moderni”