![](https://www.mezzocielo.it/wp-content/uploads/2025/02/Il-Male-oscuro-foto-www.palermoculture.it--600x326.jpg)
fotografia – www. palermoculture.palermo.it
Egle Palazzolo
È sempre un azzardo portare in scena ciò che nasce libro come atto originale, come narrazione di sé, dello scrittore stesso, come confessione o ribellione verso un proprio “io irrisolto” all’interno di una coscienza che spia, volente o no, nel suo fondo.
Giuseppe Depasquale si fa tentare, si pone dentro le pagine che segnano “Il male oscuro” ma che non lo relegano interamente al rapporto vanamente e diversamente frontale padre-figlio, vanno oltre esasperando qualche ferita in più rispetto alle tante che il protagonista lamenta e che lo calano nel buio di ogni suo passo irriconoscibile o contraddittorio. La sua regia è compatta e tiene fede al registro prescelto sia, nella recitazione del protagonista, assai lodevole e in presa diretta quella di Alessio Vassallo
e altrettanto del suo psicoterapeuta, Ninni Bruschetta che muta il tono di ogni complice analisi professionale quando veste il ruolo del genitore furibondo e ingeneroso. Ed è, a conti fatti, abbastanza gradevole seppure insistente il moto di scena che si fa supporto di immaginazione e memoria e che vede impegnati Cesare Biondolillo, Lucia Fossi, Luca Iacono, Viviana Lombardo, Ginevra Pisani e l’ottima Consuelo Lupo.
Depasquale uomo di teatro di ampia esperienza, – più di quaranta le sue regie-, scrittore egli stesso ha certamente subito il fascino di Giuseppe Berto, della sua personalità di singolare calibro, della sua autodeterminazione, della capacità di arrivare all’ironia, al più irriverente dei pessimismi, mettendo in vista, la sua angoscia, la trappola di una esistenza in travaglio, un percorso tutto da compiersi.
Ha guardato non indietro ma in avanti, a fronte di un libro di successo per il quale Berto vinse quasi in tandem il Premio Campiello e il Premio Viareggio e che chiede tuttora il senso di una rilettura, Berto resta infatti seppure non il solo, uno dei più indicativi, fra i letterati di quegli anni Sessanta di cui teniamo oggi, poca o altalenante memoria.
Depasquale sceglie e propone, liberamente, come certamente gli spetta, ma tiene fede ai contenuti, e arriva al suo finale isolando il protagonista in un rovesciamento dello sconforto o dell’irriverenza: in un rivisitato atto di fede. Guarisce Bepi sta dicendoci Depasquale? Il suo è un rifugio di religiosità, di fede?
Ossia sta dicendoci Berto che guarisce dal suo male?
E se tre quarti di secolo dopo ce lo chiediamo “Il male oscuro “, avrà i suoi applausi non solo al Teatro Biondo di Palermo ma a Catania, ad Aquila dove subito dopo andrà in scena.
Scrivi un commento