Laura Verduci
Mi chiamo Laura, compirò a giugno 45 anni, e un po’ complice la contingenza, il Sudamerica e la necessità di raccontare, ho deciso di raccogliere le mie impressioni dall’emisfero sud. Mi trovo in Cile per completare i miei studi in antropologia, iniziati due anni fa a Venezia alla Ca’ Foscari, quando un nuovo capitolo della mia vita ha iniziato a scriversi sotto i miei occhi increduli.
Non è stato facile trovare un titolo per questo diario e per caso, parlando con una mia amica al telefono le ho raccontato di una frase che mia madre mi ha ripetuto spesso e che recita, in siciliano, così: “ha fattu sempri chiddu c’ha vulutu!” (hai fatto sempre quello che hai voluto). In sé la frase, può suonare come un complimento, si rivela però estremamente contraddittoria, confusiva e violenta se ascoltata col tono tragico di una lingua e una cultura che spesso mortifica l’iniziativa femminile. La velleità è sacrilegio in un contesto in cui l’adeguarsi tacito ai dettami sociali è considerato l’unica maniera lecita di adesione al mondo. Questo diario vuole un po’ essere allora, un’esortazione ad abitare questa frase per come deve andar letta, con leggera e appassionata libertà: “Chiddu c’ha vulutu!”
Aprile 2024 Santiago del Cile: L’allunaggio
Quando ero amministratrice di progetto con medici senza frontiere, sapevo sempre quante settimane fossero passate dall’inizio dell’anno. Programmavo, verificavo che tutto fosse fatto per tempo, non mi annoiavo ma non trovavo sensatezza. Adesso è molto diverso, tutto prelude a un futuro elettrizzante, denso di storie, di persone, di aneddoti, di viaggi.
Oggi dopo aver sbrigato varia burocrazia tra università, affitto, ecc. ho fatto un giro per il “mio” quartiere che ho scoperto essere stato quello di Neruda, anche Svevo è nato vicino casa mia a Trieste! Questa cosa mi esalta! Mi pare di poter assorbire l’atmosfera ancora densa della loro sensibilità.
Vivo da qualche giorno in via “Los Araucanos”, nome che contraddistingue un antico popolo indigeno vicino e in parte imparentato con quello dei Mapuche, tant’è che molti assimilano i primi ai secondi. Intorno alla mia casetta, tante altre basse, poche macchine, uccellini, alberi, cani e gatti, sembra una zona bene di Mondello.
Esco da casa mia, vado a destra in fondo alla strada e sulla sinistra all’improvviso mi sento risucchiata dalla metropoli: auto su auto, clacson, grattacieli, semafori, ponti per superare il fiume Mapocho, persone, bici, parchi e gente che fa jogging lungo il fiume. Incredibile, quando ero venuta a vedere la casa per eventualmente affittarla, ero arrivata da un’altra parte e sembrava tutto deserto e allora avevo già pensato di declinare. Per fortuna ero, come mi capita spesso, in anticipo e Gonzalo, il “padrone” di casa mi aveva suggerito di andare a fare due passi nel quartiere, e così la prima impressione era immediatamente svanita.
Per arrivare nel centro del mio quartiere, Providencia, attraverso un ponte, alla fine mi aspettano le statue di due leoni, uno di fronte all’altro sui due lati del ponte. Danno il nome alla fermata della metro. Sono bellissimi. Maestosi. Dietro il leone che dà a est a della città, imponenti svettano i grattacieli, quest’ultimi, pieni di sé sfidano la Cordigliera delle Ande poco dietro, ma è una lotta impari. Dopo il ponte è tutta frenesia, persone su persone, tantissimi posti dove mangiare, ci sono due Starbucks e ne sono felicissima. Mi sono addentrata in una zona pedonale poco distante, fontane, angoli con belle terrazze dove fermarsi a bere qualcosa, negozi, murales. Sono molto felice di vivere qui, era quello che desideravo ed è arrivato. Anche le persone sono molto cordiali, mi ricordano i siciliani, sempre in credito di tempo, si fermano per assecondare le richieste dei passanti, si fanno avanti per aiutare, mi è successo così tante volte, che credo di poter generalizzare. Si toccano per sbaglio e non chiedono scusa, accolgono l’altro. Mi sono resa conto di dire scusa molto spesso quando urto o tocco inavvertitamente qualcuno, eredità e retaggio francese, rinforzato a Trieste. I francesi sono davvero scontrosi a confronto, con i triestini sono invece più indulgente.
Laura Verduci: nata a Palermo e vive a Trieste, classe ’79. Da vent’anni attivista per i diritti umani, giornalista freelance e operatrice umanitaria in diverse parti del mondo, docente di filosofia e scienze umane. Iscritta al secondo anno della laurea magistrale in Antropologia, si occupa di una malattia sconosciuta, la Noma, una dermatite nefasta che colpisce i poveri, soprattutto bambini. Sta completando i suoi studi in Cile dove svolge attività di ricerca.
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