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Viviamo in un mondo in cui sono necessari grande immaginazione e coraggio per affrontare tutte le sfide dei nostri tempi. La rivoluzione dei social media e l’intelligenza artificiale hanno ostacolato sempre di più̀ l’ascolto di voci autentiche. A mio avviso, non ha alcun senso impegnarsi nell’arte se non si lotta per quelle voci, se non si lotta per porre domande su questioni importanti, dolorose, a volte irrisolvibili, che ci mettono di fronte a scelte drammatiche. Questa è esattamente la situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia.” A. Holland 

Rosella Corrado

Dopo Io capitano di Matteo Garrone e The old oak di Ken Loach è arrivato nelle sale (grazie Rouge) Green Border di Agnieszka Holland, regista polacca, premiata nell’ultima Mostra cinematografica di Venezia con il Premio speciale della Giuria. I tre film, del 2023, delineano quasi una ideale trilogia sul tema doloroso delle Migrazioni. Io Capitano mostra il viaggio avventuroso di due ragazzi partiti dal Senegal verso l’Europa. The old oak racconta la difficile convivenza di profughi siriani già arrivati in Europa.

Green Border inizia nell’ottobre 2021 con un volo di linea su cui viaggiano una famiglia di profughi siriani, con tre bambini, e una donna afghana. Atterrano a Minsk in Bielorussia dove Lukashenko li ha attirati facendo credere che dalla Bielorussia sarebbero potuti entrare in Polonia e quindi raggiungere i parenti che li attendono in Svezia. Ma al confine polacco – la zona verde del titolo, intricata e paludosa – vengono respinti dalle guardie di confine, picchiati pestati derubati, e sbattuti oltre confine. I soldati bielorussi con pari violenza li ributtano oltre il filo spinato.

Il film mostra la disumanità delle guardie di frontiera, strumenti ciechi nelle mani di un Potere cinico e crudele ma evidenzia anche la generosità e l’abnegazione di alcuni giovani attivisti che si adoperano con immenso coraggio per aiutare e salvare i profughi. Il confine tra questi due mondi – il disumano e l’umano – è varcato da un soldato polacco di frontiera che da passivo esecutore di ordini spietati si trasforma in uomo consapevole e soccorritore coraggioso dei profughi. Questo personaggio ci dice che la presa di coscienza e l’assunzione di responsabilità sono possibili.

L’incubo vissuto dai protagonisti è reso da un bianco e nero cupo e dalla vegetazione selvaggia del confine dove i migranti sono abbandonati. Girato con taglio documentaristico, il film è uno squarcio sulla bestialità cui può arrivare il Potere. La speranza però non manca ed è affidata ai giovani: gli attivisti volontari, una psicologa che si unisce ai volontari, un paziente della psicologa che ospita nella sua villa alcuni giovanissimi migranti che solidarizzano subito con i suoi figli, accomunati dalla spontaneità e dai comuni gusti musicali.

Una scena merita particolare attenzione. I superstiti della famiglia siriana giunta in volo a Minsk, alla fine del film siedono affamati sul marciapiedi di un paesino, dietro di loro un graffito sul muro con il cerchio delle 12 stelle della bandiera europea … Cos’è l’Europa?  Il film dopo avere coinvolto lo spettatore costringe ad una riflessione morale e politica.