Margherita Celestino
09.11.2022
Je est un autre
Arthur Rimbaud
Si provò tutti gli occhiali da sole per poi scegliere gli ultimi e non seppe mai se li scelse perché le stavano meglio degli altri o per togliersi dall’imbarazzo con sé stessa dell’averci messo troppo tempo a scegliere.
Le cose che le capitavano per ultime erano le prime, se non le uniche, che lei poteva prendere in considerazione.
È pur vero che erano le ultime perché erano quelle che godevano del privilegio di essere scelte.
Così si chiuse un cerchio.
Quando indossò quegli occhiali da cinque euro, capì che non ne avrebbe voluti provare altri eppure non erano quelli che le stavano meglio, ma la cosa in quel momento non ebbe alcuna importanza.
Da questa esperienza imparò che non ci sono tempi e visioni giuste, ma solo momenti di contatto tra sé e la realtà che possono essere colti o ignorati.
Si fece tra sé e sé un’altra domanda, si chiese se li scelse perché non scelse gli altri o se li scelse perché erano proprio quelli che voleva.
Strofinò la pezza sulle lenti, indossò gli occhiali e ci vide come non aveva mai visto prima. Guardò la scelta che aveva preso da entrambi i lati e capì che i due erano disposti a coincidere pur di permetterle di vivere o di respirare per qualche istante. Non si può controllare tutto, le disse una voce in testa mentre usciva dal negozio, e nemmeno non controllare nulla, rispondeva lei.
Decise di andare a guardare il mare, ma si tolse gli occhiali per strizzare gli occhi al sole e non vederci più per un momento.
Il suo viso diventò subito molto caldo così seppe di esserci ancora.
Poi si rimise a camminare senza sapere se quella che stava percorrendo fosse la strada che conducesse al suo posto nel mondo o alla follia del proprio buio.
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