di Stefania Savoia
Raccontare le storie che fanno poco rumore, a Palermo, è strano. Parlare di quegli anni poi e riuscire a cogliere la forza di gesti netti, seri e capire il garbo del rigore, è cosa da pochi. Il libro di Gilda Terranova, Maggio a Palermo, edito da Einaudi ragazzi, non è solo un atto dovuto, a dispetto di una delle tante spesso vane celebrazioni alla memoria ma è un omaggio sincero ad una donna importante per la storia del nostro paese. La storia di Francesca Morvillo che Terranova racconta, spiega perché nel mainstream, questa vita si perda. Era un’epoca senza social, con giornali che uscivano due volte al giorno e in cui la Sicilia pagava il prezzo altissimo di essere il luogo delle morti e delle stragi mentre i grandi giochi si svolgevano altrove, nei luoghi della politica e della finanza. Francesca Morvillo, in Maggio a Palermo, incontra ogni giorno una giovane ragazza, Laura, e ne diventa la guida silenziosa che l’accompagna nei cambiamenti della vita e attraverso le trasformazioni del paese. La giudice vive una vita complicata, sempre sotto scorta, occupando vari ruoli presso il Tribunale per i minorenni così come presso la Corte d’Appello e poi a Roma dove avrebbe potuto finalmente stare accanto al marito, di cui è consigliera e attiva partecipe nelle importanti indagini che lo resero inviso alla mafia. Laura, nel frattempo, prende la maturità, assapora i vent’anni e le proteste universitarie in una terra difficile, con lo sguardo oltre lo stretto dove tutto sembra, all’apparenza, migliore e più veloce. È grazie all’ esempio della magistrata, la cui vita la giovane Laura segue discretamente, che la ragazza decide di restare in città e di assecondarne le bellezze e ostinatamente combatterne le brutture. La Palermo della fine degli anni ottanta e dei primi novanta ci scorre davanti, quindi, ma non come un elenco di morti e delle loro lapidi ma come racconto di storie di vite che hanno lasciato un segno indelebile. Quello che Terranova ci dice, o meglio ci rimprovera, in questa storia scritta con parole delicate e allo stesso tempo rigorose, è aver dimenticato che “Di giudici a Capaci ne sono morti due, non solo uno e sua moglie” ed è una amara consapevolezza che non può che aiutarci, ancora, a dare valore ad una vita dedicata, in prima persona, al servizio dello Stato e della legalità.
Gilda Terranova, Maggio a Palermo, Einaudi ragazzi.
Scrivi un commento