Egle Palazzolo
Ma come si può impunemente andare indietro di secoli e imporre una norma che vieta alle donne di non camminare oltre tot chilometri fuori dalla propria casa se non accompagnati da un maschio di famiglia, di non servirsi di taxi perché alla guida c’è un uomo, come si può limitare sino a questo punto la libertà, il quotidiano stesso della persona, della donna?
Sottomesse, schiavizzate, prive di diritti conclamati come istruzione e lavoro, tranne quello di servizio a maschi naturalmente, le donne afghane accolgono il nuovo anno, consapevoli dell’oscurantismo in cui sono state ricacciate e dei colpi inflitti attraverso, una cieca dittatura, ad ogni loro naturale e legittima aspirazione. Trapela poco su quel che accade in un paese dove abusi di ogni tipo colpiscono le donne come ogni persona in condizioni di debolezza e fragilità. Nulla arriva all’esterno o può essere comunicato. Nella cortina di silenzio, preparato e perpetrato dopo alcuni anni in cui si credette di poter sperare in una democrazia che avrebbe affrancato la donna afghana da una condizione inconcepibile, la situazione permane o forse peggiora. E i tentativi di opposizione provengono, a duro prezzo personale, soprattutto dalle donne stesse. C’è stata di recente su “Il Manifesto” uno dei giornali maggiormente attento alla situazione di un paese, non troppo lontano da noi e dalla stessa Europa, una intervista pubblicata, dopo questa ennesima sopraffazione alla donna. Titolo e …inizio “Voi avete creato il caos noi resisteremo” nella quale una delle attiviste di Rawa, l’associazione rivoluzionaria creata dalle donne in Afghanistan ormai da circa cinquantacinque anni, afferma “– continueremo a lottare perché il nostro paese sia, libero, indipendente, laico, democratico e giusto”. C’è tutto il coraggio di sfidare ancora una mentalità talebana che esse affermano incapace di cambiare. E non si astengono dal giudicare “un macabro scherzo quello che democrazia e diritti di genere, fossero gli obbiettivi dell’Usa e della Nato”. E non solo questo appare crudelmente vero ma ciò che ci indigna, a meno che non vogliamo smetterla di vedere e valutare, è che nessuno pensi seriamente a come, non accontentandosi di dialoghi o contatti falsi e inefficienti, si possa intervenire per evitare che si continui a compiere uno strisciante massacro di donne e di chi è con loro. Oggi ancor più di prima dovrebbe trovare tutti noi allertati a comprendere come lo spettro afghano, in un modo o nell’altro, potrebbe piazzarsi ovunque.
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