Clara Margani
Nel 2016 scrissi un monologo intitolato “Ignoto Militi”, in cui viene data voce al soldato morto e senza nome, scelto per rappresentare tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale e successivamente di tutte le guerre. Attraverso i suoi pensieri, le sue sensazioni e i suoi ricordi nel corso del viaggio da Aquileia a Roma e della sua tumulazione nel Vittoriano volevo rappresentare il suo desiderio di riappropriarsi dell’identità perduta, non solo come soldato ma soprattutto come uomo. Il 4 novembre 2021, in occasione della celebrazione dei 100 anni dalla tumulazione nel monumento del Vittoriano il monologo è stato rappresentato in forma di lettura drammatizzata dall’attore Mario Toscanelli nella sede dell’Associazione culturale MusicoPaidea a poche centinaia di metri dal monumento. Una celebrazione diversa di quelle organizzate dalle Istituzioni, nient’affatto retorica e altisonante, potrei definirla intima, che ha coinvolto emotivamente il pubblico presente e determinato uno scambio fruttuoso di osservazioni sull’importanza del ricordo e del punto di vista da cui osservare gli avvenimenti storici.
Il Vittoriano è il monumento che celebra l’Unità d’Italia ed è dedicato al primo sovrano del regno, Vittorio Emanuele II, Padre della Patria, la cui statua a cavallo di dimensioni colossali si trova nel centro del monumento su un basamento rialzato. Proprio sotto questo basamento si trova la tomba del Milite Ignoto. Il luogo è scenografico. Dalla limitata larghezza di Via del Corso, talvolta in ombra, si arriva all’ampiezza luminosa di piazza Venezia, al centro della quale colpisce il biancore del Vittoriano, che ha la forma di un’esedra, arricchita di statue singole, gruppi marmorei e fregi e che si sviluppa su tre livelli collegati da scalinate. Ultimamente nella parte posteriore è stato installato un ascensore, che permette di godere dall’alto di un panorama mozzafiato sulla città.
Tutto questo sopra, ma il milite sta sotto, Si tratta di un cadavere dilaniato e irriconoscibile, sepolto come tanti altri in un piccolo cimitero di guerra nel nord est dell’Italia. La bara, in cui i suoi resti furono ricomposti, fu scelta da una donna. Maria Bergamas, madre di un soldato disperso, richiamato alle armi dagli austriaci nel 1914, il quale aveva disertato arruolandosi volontario con gli italiani. A lei fu affidato il compito di scegliere una tra 11 bare poste una accanto all’altra nel duomo di Aquileia. Guardando il filmato che documenta la scelta si ha l’impressione di assistere a una rappresentazione teatrale, ma sicuramente il dolore della donna era sincero, solo che doveva servire ad esaltare la retorica della dinastia sabauda e del nascente Regno d’Italia. La bara da lei scelta, deposta in un vagone scoperto di un treno, fece il viaggio lungo la linea ferroviaria, che per arrivare a Roma in tempo per il 4 Novembre, data della vittoria dell’Italia nella guerra conclusasi tre anni prima, ed essere tumulata nel Vittoriano sotto la statua del re Vittorio Emanuele II alla presenza del re Vittorio Emanuele III, della corte, delle massime cariche dello Stato e delle forze armate. Maria Bergamas invece fu sepolta dietro sua richiesta nel cimitero di guerra di Aquileia insieme a soldati nelle 10 bare rimanenti e sulla sua tomba c’è la scritta “Per tutte le madri”. E così sotto gli zoccoli del cavallo del Padre della Patria è stata posta la tomba del figlio della Madre della Patria.
Nella motivazione della medaglia d’oro che fu conferita all’ignoto possiamo leggere: “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria”. La retorica di queste parole non ci dice niente della solitudine dell’essere che prima di essere un soldato era un uomo, il rimpianto per la sua vita sconvolta e gli affetti perduti, il freddo, la fame, il fango, la precarietà, il terrore e la sofferenza di vedere la morte intorno quotidianamente. Questo dobbiamo ricordare del piccolo uomo dentro il grande monumento, questo è il più grande omaggio alla sua memoria che possiamo fargli.
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