Riceviamo l’intervento di Milena Gentile – Consigliera Comunale a Palermo
e componente del Coordinamento nazionale della Conferenza delle Democratiche
Ringrazio Cecilia D’Elia per avere coordinato egregiamente il grande lavoro che la Conferenza nazionale delle Democratiche ha svolto nell’anno che è trascorso.
Dice bene Cecilia nella sua relazione introduttiva. In questo tempo di pandemia, le Donne Democratiche si sono confrontate costantemente e non si sono limitate a elaborare proposte, ma hanno tracciato una visione di Paese. Quello che può costituire una vera svolta per l’Italia è riuscire a fare oggi quello che non siamo stati capaci di fare fino ad ora: recuperare i nodi strutturali che bloccano lo sviluppo complessivo del nostro Paese, a partire dall’eliminazione delle grandi disuguaglianze sociali, di genere e territoriali che lo affliggono.
Donne ed equità sono le parole chiave di questo incontro.
Da Consigliera comunale di Palermo rivolgo un sentito ringraziamento al Segretario Enrico Letta per avere preso una posizione forte a sostegno dei Sindaci che vivono una condizione finanziaria drammatica. Dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2021 è derivato un vero e proprio stato di calamità istituzionale per una gran parte degli enti locali. Duemila Comuni in Italia non sono nelle condizioni di chiudere i bilanci e oltre 260, compresa Palermo, sono comuni siciliani. L’aspetto ancora più drammatico è costituito dal fatto che in esercizio provvisorio non è possibile impegnare le somme del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Con i vincoli di bilancio che impediscono da decenni le assunzioni delle professionalità necessarie per progettare, il Sud non è nelle condizioni di cogliere la portata straordinaria di questi fondi stanziati dall’Europa. Il PNRR rischia di risultare inefficace.
Ritengo che il Partito Democratico debba intestarsi questa battaglia per ridisegnare i diritti nel nostro Paese. È necessario chiedere al governo nazionale di ridiscutere il quadro normativo sotto numerosi profili e interrompere questo progressivo declino del Sud dovuto a una distorta applicazione del federalismo fiscale, senza gli strumenti di perequazione e senza i livelli essenziali di assistenza, sostituiti con l’assurdo e iniquo criterio della spesa storica. Ovvero, svuotato dei diritti sanciti dalla Costituzione.
90 miliardi del PNRR dovranno essere gestiti dai Comuni, che dovrebbero garantire i servizi essenziali e quelwelfare di prossimità di cui la pandemia ci ha fatto scoprire l’assenza e su cui noi Donne Democratiche abbiamo tracciato la nostra idea di Paese.
Visione di Paese significa, ad esempio, prevedere una più equilibrata distribuzione tra Nord e Sud dei centri di eccellenza e delle sedi di Istituzioni prestigiose, specie di rilevanza europea, in quantopremessa necessaria e imprescindibile per il rilancio anche delle città del Sud come hub internazionali. Il Governo nazionale non può esimersi dal farsi garante e promotore di una decisa azione di contrasto alla desertificazione bancaria che affligge da decenni la Sicilia e rende difficile l’accesso al credito.
Il dibattito in corso sulla candidatura di una città italiana a sede dell’Autorità Europea Antiriciclaggio non vede in corsa Palermo. Città segnata dall’orrore delle stragi, Palermo, sopra ognialtra città europea, ha la valenza simbolica e la storia per reclamare il diritto di esserericonosciuta Capitale dell’Antiriciclaggio. Palermo ha dato i natali e ha visto operare innumerevoli Rappresentanti dello Stato che, con la loro eccezionale professionalità e il sacrificio della propria vita, hanno tracciato la strada internazionale per la lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso.
Palermo ha dato i natali a Pio La Torre, caduto per mano mafiosa per essere stato promotore, con indomita determinazione, della legge più invisa alla mafia, la legge n. 646, del 13 settembre 1982, nota come legge”Rognoni-La Torre”, che introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabiliall’accumulazione illecita di capitali. Con Falcone, Borsellino e tutto il pool si può dire che nacque una sorta di “Internazionale dell’antimafia”, cioè un coordinamento degli organi investigativi a livello internazionale, che portò eccezionali risultati come il processo Spatola e “Pizza Connection”. L’applicazione del “metodo Falcone” detto “follow the money”, basato sugli accertamenti bancari, già nel 1982 era un metodo che aveva fatto scuola, facendo di Falcone un personaggio di livello nazionale e internazionale. Lo ha riconosciuto l’ONU quando ha scelto Palermo, il 15 novembre del 2000, per la firma della Convenzionedelle Nazioni Unite, detta appunto “di Palermo”, contro la criminalità organizzata transnazionale. E lo ha riconosciuto anche l’UNTOC che, il 17 ottobre 2020, ha approvato la «risoluzione Falcone» presentata dall’Italia, che potenzia il contrasto alla dimensione economica della criminalità attraverso strumentiavanzati di prevenzione e di repressione delle nuove forme di criminalità e contro le conseguenze socio-economiche della pandemia e l’infiltrazione mafiosa nel mondo imprenditoriale.
Lo dobbiamo alla storia di Palermo e dei suoi Eroi della Repubblica se oggi possiamo dire che l’Italia ha lalegislazione antimafia più progredita al mondo.
Per quanto riguarda le donne e la rappresentanza paritaria, il Partito Democratico ha un problema di credibilità.
Se per un verso è il partito che sopra ogni altro elabora e si fa promotore, ad ogni livello istituzionale, delle proposte di legge più avanzate su welfare e democrazia paritaria, per un altro verso risulta poco credibile perché parla prevalentemente per bocca maschile e fa eleggere soprattutto maschi.
Anche in Sicilia il gruppo PD all’Assemblea Regionale Siciliana sta portando avanti due disegni di legge uno sulla parità salariale e uno sulla doppia preferenza di genere, dal momento che la Sicilia è rimasta la Cenerentola d’Italia essendo l’unica tra le regioni del Sud a non avere approvato la doppia preferenza di genere per le elezioni regionali. Il PD siciliano ha persino promosso un ricorso contro l’attuale Giunta regionale per essere composta solo da uomini. Il PD porta avanti proposte e azioni di grande portata simbolica sul piano della promozione delle pari opportunità, tuttavia, le Democratiche siciliane sono rappresentate solo da uomini e l’intera Assemblea regionale storicamente ha visto una presenza media delle donne elette non superare il 17%.
Analizzando le misure normative fin qui adottate, risulta evidente che non sono sufficienti per portare le donne effettivamente ad essere elette, cioè competere, in visibilità e promozione elettorale, con una classe politica consolidata dal consenso declinato storicamente al maschile.
L’associazione Emily, che mi onoro di presiedere, ha elaborato una proposta chiamata “Premialità di Genere” che è stata inserita nel programma del candidato Presidente della coalizione di centrosinistra alle ultime elezioni per l’Assemblea regionale siciliana. Già la legge 21 febbraio 2014, n. 13, ha attribuito una piccola premialità in denaro ai partiti la cui percentuale di eletti del sesso meno rappresentato in ciascuna elezione sia pari o superiore al 40%. Con la nostra proposta il salto è dal piano finanziario a quello appetibilissimo dei seggi.
L’idea – molto sommariamente descritta – prevede di riservare un certo numero di seggi quale premio alle liste che avranno eletto al loro interno almeno il 40% di uno dei due generi. I seggi potranno andare, indifferentemente, sia alle liste della coalizione vincente che alle liste dell’opposizione e saranno assegnati al primo dei non eletti, indifferentemente uomo o donna che sia. Un seggio in più potrebbe anche far variare la maggioranza. L’obiettivo è alimentare nei partiti una sana competizione nel fare eleggere più donne, Eleggere, non candidare.
È innegabile, purtroppo, che nella gran parte dei partiti prevale la mentalità che considera le candidature delle donne come “riempitive” e le conquiste, come la doppia preferenza di genere, spesso vengono utilizzate in modo strumentale per agevolare l’elezione di candidati maschi. Anche il PD, come da tempo tutti i partiti di centrosinistra, non si distingue per la promozione elettorale delle donne (ad es. la lista del PD alle ultime elezioni comunali di Palermo ha fatto eleggere 5 consiglieri tutti maschi e ricordiamo tutti l’appello TowandaDem delle Democratiche dopo le ultime elezioni nazionali che hanno visto falcidiate le candidature femminili grazie alle pluricandidature di donne note).
Ritengo che il problema culturale che affligge il nostro Paese non lasci indenne il PD e che occorra intervenire ancora sullo statuto, prevedendo ad esempio l’alternanza temporale delle Segreterie, a tutti i livelli territoriali. Se è vero che la leadership al femminile non si costruisce da un giorno all’altro, è altrettanto vero che i ruoli apicali del partito sono una palestra e insieme un volano per una personalità politica. Se si consolida la prassi che dopo il tempo in carica di un segretario, il congresso successivo debba vedere competere solo candidati dell’altro genere, cambierebbero le dinamiche interne e potrebbero saltare anche gli schemi stantii che governano le alleanze.
Gli strumenti possono essere tanti, ma occorre che dalle proposte si passi ai fatti. Tu quando sei stato eletto alla Segreteria nazionale hai fatto azioni concrete di grande forza simbolica, è giunta l’ora che il partito intero dia prova di volere cambiare rotta facendo eleggere un maggior numero di donne nelle istituzioni. Occorre dimostrare con i fatti chi siamo.
Scrivi un commento